martedì 14 maggio 2024

L’inerzia come forza: nella pietra e nella donna d’antan di Ciuffi

   



Roberta Ciuffi

La Donna di Pietra

(Per i Lettori di Storie in Costume e Lettori di rivalse amorose) 

Recensione
di Monica Montanari 


Il dottore arreso alla sorte

Dalla vostra Lyanne Quay! 
Godibile, scritto meravigliosamente e approfondito, questo racconto da cinque stelle piene, ha tuttavia un difetto oggettivo e uno soggettivo nel senso che con grande probabilità è un difetto solo relativamente alla piena soddisfazione delle mie particolari condizioni di lettore.
Il limite del racconto è che lui non arriva. Non ci arriva il fascino di Diego. Lo intuiamo nei flashback del passato, ma nell’uomo che annaspa e cerca rifugio non lo vediamo più.
In termini relativi invece, si tratta di un limite mio di cui parlavo anche alla De Prai Sidoretti. Per miss Bytheway , amica e consigliera – insieme ad Anna Letizia Zocche – per il mio ultimo romanzo, internazionale, poliglotta, proiettata in avanti com’è, il mondo di patina gozzaniana di questo racconto è una bolla fantastica dove tutto può succedere e infatti è lei ad aver perorato la causa di questo romanzo.

Per me tuttavia la seconda metà dell’ottocento è materia dolente. Non si presta alla sospensione dell’incredulità, la stipulazione del patto narrativo fatica a instaurarsi. Il romanzo in generale non è materia inerte, avvince e diverte a seconda di quante più aspettative suscita di eventi meravigliosi e quanto più ce li fa immaginare. E ciò dipende anche dal lettore.
La tipica zitella baloghiana offesa da un antico abbandono, per me che leggo di remote aristocrazie britanniche, è un eroe Marvel cui tutto può succedere, anche di spogliarsi nuda di propria iniziativa in un casino di caccia davanti a un duca stupefatto e misantropo. La zitella abbandonata di Bagni, invece, chiusa a girare per stanze perfette perché rimanessero tali, vietate anche al sole perché non entrassero con esso anche le mosche… porta alle mie narici subito ”l’odore d’ombra” della casa della signorina Felicita di Guido Gozzano, dagli occhi “d‘un azzurro di stoviglia” dove qui Adelia ha gli occhi d’un azzurro porcellana. Quella Felicita, quell’Adelia sono ancora con me, nei dagherrotipi che ho visto appesi nella mia casa odorosa d’ombra, so tutto di loro, ne ho intuito il fascino nei racconti di mio nonno partito diciottenne per la prima guerra mondiale. In quelli di mia nonna sposatasi per la pazienza con cui aveva ascoltato le di lui prodezze di cacciatore. In quelli dell‘altra mia nonna, nella casa d’ombra dove si pregava per il padre padrone appena scomparso e la signorina Adelia di turno, non ancora doma, levava il suo grido insurrezionale: 
«Cosa piangete? Non sentite che già si sta meglio?» 
Per me qui c’è conoscenza e ricordo e orrore per queste vite chiuse entro i confini dell’orto, a queste signorine so già che nulla di meraviglioso può veramente succedere. E dunque nel patto narrativo non posso fare la mia parte, non posso dare il mio contributo di lettore in termini di sogno e aspettativa.
Ho una formazione storica e politica, assurdamente capillare. L’Otto e il novecento italiano sono per me materia viva, non territorio della favola. Appunto lo dicevo alla  Stefania De Prai Sidoretti, a proposito dei suoi racconti sugli ebrei italiani dell’Otto-Novecento. E non entrerò nel merito perché per me è fatica e poi voi noioso. Sappiate però che per me perfino Gianburrasca dedicato a quel periodo è pervaso di tristezza per il mio sentimento. Le donne italiane della seconda metà dell’Otocento nella narrativa non riescono ad avere spessore eroico sono sempre e solo delle vittime. Collodi per dare un ruolo eroico a una donna coeva s’è dovuto inventare una fata dai capelli azzurri. Puccini ha dovuto immaginarla regina d’oriente, la Turandot. Salgari ha esiliato per mare le sue eroine, dalla duchessa d’Eboli nei panni di Capitan Tempesta e Iolanda la figlia del Corsaro Nero. Quelle di Pirandello e di Giacosa sono sono storie di uomini. L’unica donna felice della propria condizione ordinaria che ci arriva dall’Ottocento è la maestrina dalla penna rossa, l’avvisaglia di un avvenire, nel mondo in grisaglia del patetismo deamicisiano. 
Monica Montanari 
(alias Lyanne Quay, Ophelia Keen, Ashley Andrews)

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Imprevedibile e focosa come può esserlo una vera irlandese, e senza amore come può esserlo unicamente un’orfana, lady Wilhelmina Osraige deve affrontare da sola il soggiorno a Londra per la “piccola stagione” invernale.

È però lord Iain Middleton, terzo conte di Huntly, l'imperturbabile e ascetico banchiere, a doversi occupare di lei, con grande sgomento di entrambi, e a sovrintendere la sicurezza e il benessere della lady poco più che ventenne.

Al più integerrimo dei confratelli della Hellfire non resterà che tiranneggiare la giovane esperta di arti da salotto e tentare di togliersela dai piedi. Di trovarle un marito o rispedirla in Scozia, perché lui è un uomo tutto d’un pezzo.

E che pezzo!

Tant’è, l’imprevedibile Wilhelmina propone al conte di impartirgli lezioni d’amore e Lord Huntly dovrà stare ben attento a non abbandonare la schiera degli angeli custodi.

O finirà dritto in quella dei serafini infiammati d’amore, come il rosso scintillante dei propri capelli e di quelli color borgogna di Wilhelmina.

Commedia Romantica , romance storico di periodo georgiano


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N.B. LA RIVIVISCENZA DI QUESTO BLOG è DEBITRICE AD AMAZON PER AVERMI CANCELLATO TUTTE LE MIE VECCHIE RECENSIONI E AVERMENE IMPEDITE DI NUOVE. JEFF BEZOS SARà BEN FELICE DI TENERSI RECENSIONI FARLOCCHE A CENTINAIA CHE PONGONO AI VERTICI DELLE CLASSIFICHE TITOLI A VOLTE, NON DICO IMMERITEVOLI BENSì, PROPRIO ILLEGGIBILI. NON SCRITTI IN ITALIANO. CI SI DIMENTICA SEMPRE CHE QUESTE PIATTAFORME OBBEDISCONO A INTERESSI PRIVATI, NON A UN’IDEA PURCHESSIA DI “giustizia”. E DUNQUE SE PICCHI DURO E IN DIECI PROTESTANO PERCHÈ PICCHI DURO, JEFF TRA TE E QUEI DIECI (ANCORCHÈ PARENTI E AMICI DELL’AUTORE STRONCATO) SCEGLIE QUEI DIECI PERCHé 10 È maggiore di 1. Con ciò ora spalmo subito su Novelbus le mie belle stroncature e anche su Goodreads. 

A la guerre com a la guerre.

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