venerdì 24 giugno 2016

Soprani e Corella, i cyborg della scrittura di Victorian Vigilante

Vittoria Corella e Federica Soprani
Victorian Vigilante (Volume uno)

di Monica Montanari

Ecco prima di tutto un accenno sull’intreccio:
In una Londra distopica dalla nebbia giallastra e percorsa dalla febbre della modernità si aggirano figurine vittoriane e uomini dagli innesti meccanici farraginosi. Metà medici e metà meccanici gli inventori faustiani si sfidano nel creare creature cyborg di ghisa e vapore.
C’è un giustiziere misterioso e inafferrabile, una ragazza recalcitrante ai ruoli muliebri, la gilda dei tagliatori di diamanti e la “morphia” un liquido arcobaleno dai poteri molteplici.



Bene, veniamo al sodo. Lo consiglio? No. Ecco perché. 

Innanzitutto questo è un libro alto, con una scrittura e un lessico alti che richiedono un lettore all'altezza appunto. Dunque la mia analisi si interroga sulla capacità di questo romanzo di soddisfare un pubblico particolarmente esigente. 

Questa recensione giunge dopo lunga e approfondita meditazione. Corella e Soprani scrivono molto bene, in modo scorrevole, con terminologia precisissima, l’inventiva è stupefacente sul piano delle immagini e su quello lessicale. Perché allora il romanzo non diventa mai un vero romanzo?

C’è il mostrare e non dire, c’è il personaggio che è sopratutto azione… È tutto fatto a puntino ma… Avevo la sensazione che la colpa fosse dei personaggi, che qualcosa mancasse loro, ma poi mi sono detta: il Sergente funziona, eccome! Vassilissa funziona benissimo, altroché. E Mordecai allora? Perfetto! E allora cosa?
Ebbene grazie a Vittoria Corella e Federica Soprani ho alla fine compreso un aspetto molto utile per la mia scrittura e per quella dei malcapitati che pubblicano con me. A fare il personaggio è sopratutto il dolore.

È il dolore a consentire ai personaggi di entrare in relazione reale con altri figuranti e con la storia. Ebbene i due protagonisti non hanno dolore e credo di averne capito il motivo. Per ragioni di trama e per non rivelare troppo le autrici non potevano / volevano scendere in profondità.

Qualsiasi fossero i senz’altro ottimi motivi di struttura, la scelta di adottare un protagonista opaco non si può fare, perché appunto al protagonista spetta l’onore e l’onere di esporre il proprio dramma al lettore.
Un protagonista di cui si enuncia il dramma, come rivelazione, nel finale non funziona.

Un ragionamento simile l’avevo messo a fuoco in precedenza a proposito d i protagonisti “pazzi”. Il protagonista non può essere “pazzo” o straniato per qualsivoglia motivo. Deve essere una voce affidabile per il lettore, indicargli a cosa guardare nel mare degli eventi del romanzo, esporgli qual’è il problema da risolvere. Il protagonista inconsapevole non può esistere così come - ed è il nostro caso -  non può esistere un protagonista alla “V per vendetta”.

Il mascherato di “V per vendetta” ha bisogno accanto a sé di una ragazza, la vera protagonista: sarà lei con i suoi drammi a farci amare la giganteggiante figura del vendicatore. Ok.

Dunque, tornando a Victorian Vigilante, il protagonista doveva essere un Mordecai per esempio. Doveva essere lui a salire sull’omnibus a vapore nella scena iniziale, lui a pensare agli automi e  all’amico Percyval. Doveva essere lui e suoi bellissimi tre demoni (che idea ragazzi, bellissima, da incardinarci un romanzo), lui ad avere una vera finalità, un vero scopo, un vero problema.  Lui doveva essere il trait d’union tra ambienti e personaggi. Attraverso Mordecai avremmo potuto seguire e appassionarci a Victorian Vigilante come in un vero romanzo. Cosa che non è stata.

In pratica Corella e Soprani sono bravissime, così brave da non lasciare nulla all'istinto e a esporsi al rischio di non vedere il problema fondamentale della narrazione, l'immedesimazione.







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