mercoledì 28 luglio 2021

L’incantevole gigante e l'anzoleta azardosa di Amalia Frontali

 

Amalia Frontali

La Chioma di Berenice


di Monica Montanari 
Recensioni
(Per i Lettori di Historical Romance, Lettori di Sesso e Sentimento) 

Amare l'impossibile



Ho appena terminato la lettura della Chioma di Berenice di Amalia Frontali. BELLO. PUNTO.
Livello letterario, degno dei massimi allori nazionali, se non fosse per la convinzione assai stupida che la narrativa, per aspirarvi, debba sacrificare a sociologia.
Ok, come vedete mi sono fatta contagiare dalla tonitruanza lessicale e strutturale della Frontali. Il fatto è che l'abilita stilistica di emulare l'affettazione della narrativa inglese (da Geogette Hayer a K.J. Rowlings) è francamente impressionante. La Frontali ci intimidisce per la sicurezza con cui padroneggia frasi come queste:


«Rose, seduta accanto a lei, era una bellezza. Non che ci fosse molto da aggiungere, non servivano aggettivi; sua cugina era splendida e ne era ben consapevole, con quel genere di consapevolezza talmente nutrita di intime certezze, da risultare ben piegata alle convenienze, imbrigliata in una parvenza di modestia credibile al punto che si poteva pensare che di essere così bella non le importasse affatto.»
Una chiave espressiva che non si limita a richiedere un'adesione esteriore, ma esige l'introiezione di una forma mentis. In buona sostanza con quella frase ci si vuol dire che la bella Rose era tanto sicura della propria avvenenza da potersi permettere di mostrarsi modesta.
Detto così all'italiana, emergerebbe una voce narrantae, quella di Sarah, come improntata a un registro critico e razionale. I narratori inglesi - e ancor più le narratrici - hanno invece la grande abilità di non deprivare cerebralmente i personaggi e pur tuttavia non comprometterne una emotività apparente, coerente con i generi romance e fantasy, per esempio, e graditi ai rispettivi lettori.
Ecco allora che non è Rose a essere consapevole al punto di fingere, bensì la Bellezza (che ammirazione in Sarah nel notarlo) che si nutre di intime certezze al punto di farsi ancora più bella nel piegarsi alle convenienze sociali. Messo all'italiana Sarah era fredda e acida; messa all'inglese, Sarah - colei cui possiamo attribuire il racconto della bellezza di Rose - risulta estatica.
Ok. Dunque il filtro critico viene dissimulato in modo perfetto e la Frontali domina la lingua con indubbia genialità. In più (non avevo letto le premesse) fa irrompere, nella Londra Regency, un italiano che parla in dialetto veneto.
Genio, mi dico, genio puro, poi scopro che la valutazione va invertita: nel senso che la gallina è nata prima dell'uovo. Con questa storia la Frontali intendeva raccontare le mirabolanti imprese di un avventuriero italiano realmente esistito cui vanno ascritte moltissime scoperte archeologiche dell'antico Egitto. La genialità della Frontali semmai è averle incorniciate in un contesto perfettamente Regency, con gli stilemi del Romance per di più. E insomma per chi, come me, non aveva letto le premesse, l'arrivo del gigante circense di origini venete che si imbatte in una smunta inglese depressa, se ne incapriccia e a forza di "anzoleta" e "azardosa" la fa sua... è veramete entusiasmante. Lo è al punto che io che le ciulate narrative le salto di slancio, queste invece me le sono lette avidamente tanto m'aveva convinto il Belzoni. Ok, già vi ho detto dei due strati di questa storia, quello romance regency e quello epico e poi c'è quello degli odori. Non abbiamo solamente bellissimi paesaggi, monumenti abbaglianti, ma anche odori, puzze e vicende intestinali che nel definire il fondo finiscono per dare la misura dell'eccelso. Complessivamente questo affresco tanto sfaccettato ha la mano del melodramma e lo accosterei per ciò che suscita al film Fitzcarraldo, per il progere un frammento di storia, per l'aria che vi spira di realismo magico alla sudamericana.
E tuttavia questo la Chioma di Berenice un difetto lo ha: è vergognosamente prolisso e ha qualche problema di struttura. Niente di non facilmente ovviabile, ma si sente che l'autrice, al momento della stesura, di come andava concepita l'ossatura del romanzo ne sapeva poco.
Poco importa, ci si impiega a leggerlo un giorno di più di quanto sarebbe necessario, si saltano un po' di pagine e comunque ti resta sottopelle il ricordo un viaggio bellissimo, di personaggi meravigliosi, della dolorosa fatica di Sarah per riappropriarsi della personalità di cui la società inglese l'aveva mutilata.

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