Una pasticceria e due dipendenti pasticcere
atipiche che tutto vorrebbero dalla vita tranne un fidanzato. Sopratutto
non lo vorrebbero, ondivago, traditore e menzognero.
di Mollie Miles
- Non ho nessuna voglia di sposare Camelia. La ragazza si chiama Camelia.
- Figuriamoci. Sembra il nome di un assorbente. Camelia con ali e filtrante ricamato.
La genialità di Stefania Bertola è tutta qui: nello smantellamento antifrastico di personaggi e generi letterari e nel riuscire per questo a rivitalizzare gli stessi. Così nel distruggere il romance la Bertola lo riedifica consentendoci di goderci storie romantiche senza necessariamente voltare il cervello in modalità off.
Manca un sottotesto nei finali della Bertola, ma in questo A Neve Ferma filtra una visione sociale che è di per sé testimonianza. Le stratificazioni di Torino, ricconi, riccastri, aspiranti borghesi, contadini, notai di paese, ragazzi di periferia, studentesse universitarie, medici, camerieri, garzoni sono irrisi nello specifico del loro melieu e insieme compresi, guardati da dentro con occhio tenero e chiamati a smentire se stessi: suore che danno consigli cosmetici e si fanno corrompere dal dono di una Ferrari, giovanotti perfettamente etero ma con la segreta passione per i romanzi rosa della zia, etc…
La lingua si segnala per l’efficace reinvenzione delle metafore. Cito tra tutte la camicia a righe azzurre di Picchi tanto impeccabile da essere “croccante”.
Fa riflettere il parallelo tra la Camelia di Bertola e la Calpurnia di Jacqueline Kelly entrambe esortate dalle famiglie a montare uova a neve ferma. Ma se Jaqueline Kelly presenta la culinaria come scelta di ripiego rispetto alle alternative di Calpurnia, nel mondo nostro descritto da Bertola le aspirazioni della giovane coming in age sono tanto decadenti da fare delle chiare sbattute un indiscutibile traguardo evolutivo.
Consigliato sopratutto ai Macarons, ma anche ai Frutta di Martorana, ai Frittella di mela, ai Panna cotta, ai Calissons.
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